I mezzi termini Gino Strada non li ha mai usati: “Solo dei cervelli poco sviluppati, nel terzo millennio, possono pensare alla guerra come uno strumento accettabile per la risoluzione dei conflitti”. Di quei cervelli, evidentemente, è pieno il mondo, se ci troviamo immersi in decine di conflitti armati dei quali a volte non si riesce nemmeno più a districare l’origine. Ma fino al 24 febbraio scorso in Europa eravamo convinti che fossero altrove, residui di culture rimaste sostanzialmente tribali, prodotto di fondamentalismi ideologici spacciati per religiosi, disponibili a farsi guerra tra loro o per conto terzi. Invece no: ottant’anni di cultura di pace faticosamente coltivata in Occidente sulle macerie atomiche della seconda guerra mondiale sono stati spazzati via da una Zeta lugubre quanto una svastica, appiccicata a colonne militari russe che hanno violato i confini dell’Ucraina come nel secolo scorso quelle tedesche in Polonia. La guerra del 2022 è dichiarata contro l’Occidente democratico, indicato come antagonista. Ma la sferra un soggetto – la Federazione Russa – che dalla seconda guerra mondiale era uscito come alleato dell’Occidente, come baluardo delle forze di libertà contro il nazi-fascismo: è stato ricordato spesso, nelle ultime settimane, che furono truppe russe ad aprire i cancelli di Auschwitz. E allora è il caso di prendere alla lettera le parole di Gino Strada e provare a ripensare le categorie opposte buoni/cattivi (e fin qui sembra facile) e sinistra/destra (rinunciarvi è controverso), e ragioni/torti (e qui la rivendicazione in nome della giustizia insorge). Per Gino quelle categorie valgono – ci ha dedicato una vita! – ma non valgono una guerra. MAI. Il tema rimane quello di coltivare un cervello collettivo sviluppato, perché, banalmente, “Se l’uomo non butterà fuori dalla storia la guerra, sarà la guerra che butterà fuori dalla storia l’uomo”, ammonisce Gino. Pericolo attualissimo, in un pianeta che bastano 50 testate atomiche a rendere un deserto, mentre si calcolano in 15.000 quelle accumulate negli arsenali. Non c’è appartenenza ideologica a sinistra o a destra che escluda il fascino della violenza e della guerra: ogni tipo di intolleranza, di qualunque matrice, le offre alibi e la istiga; e non esiste ragione rivendicata e neanche torto subito così assoluto da poter giustificare una guerra. Mai. Chi sceglie la guerra riporta l’umanità all’era della clava, né più né meno. L’umanità tutta. Il fatto che la guerra del 2022 sia al cuore dell’Europa e tra Europei, che i bambini, le donne, gli anziani che vengono massacrati abbiano pelle e occhi chiari, vivano in case scuole ospedali identici ai nostri, rende definitivamente evidente che in guerra, in ogni guerra, ci siamo tutti. Già ora. E allora forse, anziché attardarsi sull’insopportabile rimpallo del “di chi è la colpa, a ritroso”, Gino ci chiederebbe di concentrarci sul “come ne usciamo, in avanti”: che cosa possiamo fare noi (Europa) per fermare il vortice nero che Putin ha spalancato e che rischia di inghiottire per l’ennesima volta nella storia umana ciò che credevamo anche la Russia avesse imparato dal suo e nostro passato.
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Paola Pessina