Questo è il monito che ci arriva dagli USA, dove il diritto all’aborto non è più garantito in tutti gli Stati. La Corte Suprema, grazie alla netta maggioranza conservatrice, ha compiuto infatti una scelta pesantissima, che colpisce le donne e riporta indietro le lancette della storia. Ha infatti abolito la sentenza Roe v. Wade del 1973, che aveva sancito il diritto all’interruzione di gravidanza anche in assenza di problemi di salute e di ogni altra circostanza che non fosse la libera scelta della donna. Trump, a poche settimane dalle elezioni aveva ulteriormente ampliato la maggioranza di nomina repubblicana nella Corte con una forzatura, ora si vede chiaramente quale fosse la posta in palio.
Valgono ora le leggi statali, che sono molto diverse a seconda dell’orientamento politico del singolo Stato. Il presidente Biden si è affrettato a ricordare che niente e nessuno potrà impedire ad una donna di spostarsi in un altro Stato per accedere all’interruzione di gravidanza – anche se, ovviamente, non possiamo dimenticare la natura privatistica della sanità degli Stati Uniti e, quindi, i costi che saranno spesso insostenibili per tante donne. Anche per questo si teme per la salute di chi dovrà ricorrere, come un tempo, agli aborti clandestini con tutti i rischi che questo comporta, anche per la salute.
A margine della sentenza della Corte sull’aborto, il giudice conservatore Clarence Thomas ha scritto una nota nella quale afferma che “sarebbe necessario rivedere” anche le passate sentenze che hanno garantito a livello federale l’accesso ai contraccettivi, le relazioni tra persone dello stesso sesso e il matrimonio ugualitario per gli omosessuali. Se la maggioranza conservatrice della Corte riuscirà a colpire anche questi diritti, le ripercussioni saranno devastanti. I Democratici ora dovranno lavorare per anticipare la Corte e intervenire sulle legislazioni statali per mettere in sicurezza, ove possibile, queste conquiste, e farne materia di confronto politico negli swing states.
Anche in Europa dobbiamo essere vigili e supportare attivamente i movimenti che difendono i diritti delle donne e i diritti delle minoranze. In Polonia, ad esempio, dopo settimane di proteste, manifestazioni e lotte, nel 2020 è stata rinviata la legge per la limitazione dell’accesso all’aborto, che sarebbe diventato illegale anche in uno dei pochi casi previsti dall’attuale legislazione – già tra le più stringenti di tutta Europa – cioè nel caso di malattie e gravi malformazioni del feto. Il governo di ultradestra del premier Morawiecki, che per contrastare il movimento delle donne aveva fatto scendere in strada anche l’esercito, ha fatto marcia indietro rispetto a una norma che sarebbe stata la diretta applicazione di una sentenza della Corte Costituzionale, anch’essa in mano alle forze del governo.
In Parlamento Europeo continueremo a impegnarci affinché siano pienamente rispettati i principi dello Stato di Diritto in Paesi come la Polonia e l’Ungheria, dopo l’importantissimo e storico risultato ottenuto sul blocco dei fondi comunitari in caso di gravi violazioni: una procedura recentemente avviata proprio contro l’Ungheria per abusi che vanno dalla soppressione delle libertà di stampa alle leggi lesive dei diritti della comunità LGBTQ+.
Nel giugno 2021, nonostante il tentativo della destra oscurantista di avanzare mozioni alternative, è stata approvata dal Parlamento Europeo una risoluzione molto netta a favore del diritto all’interruzione di gravidanza sicura e legale e per la lotta alla violenza di genere. Non serve dire che in mezzo a quella destra c’erano anche Forza Italia, Lega e Fratelli D’Italia, sempre più “orbanizzate” anche contro i diritti delle donne. Le associazioni antiabortiste, nel tentativo di influenzare il voto, sono arrivate a spedirci dei feti di plastica. Una campagna indecente che è stata sonoramente sconfitta con un voto per la libertà e la dignità femminile.
Nel frattempo, la politica e l’opinione pubblica europea devono continuare a sostenere la battaglia delle donne, in tutti i Paesi membri. Anche in Italia dobbiamo pretendere una piena applicazione della legge 194, che rappresenta un punto di equilibrio prezioso. In molte regioni – tra cui la Lombardia – questo equilibrio è oggi messo in discussione da percentuali troppo elevate di medici obiettori, con intere strutture sanitarie e ospedaliere che non garantiscono più il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza da parte delle donne. Una situazione inaccettabile, sulla quale credo sia ora di intervenire.
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Brando BenifeiCapodelegazione PD al Parlamento europeo